L’ultima volta che sono stato a Parigi è stato un viaggio magico: due delle persone a me più care hanno fatto parte di quattro giorni stupendi.
Anche oggi non vedo l’ora di arrivare.
Ci sono alcuni ricordi di quel viaggio che mi sovvengono: avevo un maglioncino con lo scollo a V in cachemire rosso e i capelli lunghi (errori di gioventù), Vincenzo faceva una parata danzante vestito da pasticcere con una toque blanche sberluccicante e una blusetta azzurra carta da zucchero (e sembrava un figo), Martina beveva caffè americano lunghissimo, nerissimo, caldissimo per ore (ed era indubbiamente gnocca). Questi tre dettagli non sono collegati, però sono i primi tre che mi sovvengono.
Mi ero emozionato tantissimo a vedere Vince nel suo nuovo posto di lavoro, all’estero, in un contesto internazionale. Ed ero felicissimo di essere lì e condividere l’esperienza con Marty, appena tornata dagli antipodi più felice che mai.
Non ricordo precisamente cosa avessimo visto e visitato, ma a parte un ristorante (romanticissimo) in cui tornerò questa volta con la persona giusta mi sembra di aver dimenticato tutto. Meglio, ogni viaggio è diverso da tutti gli altri.
Un’agenda fitta di impegni
La cosa che più mi affascina di questa capitale è che ogni volta che vado mi dico: “Ma si, è giusto per fare un giro. L’ho già vista. Mi faccio una mostra e una passeggiata e son contento così.” Poi controllo online gli eventi e le mostre e mi trovo con una lista delle cose da fare che potrebbe andare bene per un viaggio di 15 giorni. E ne ho prenotati 2. “È giusto per fare un giro.” Mi ripeto nella mia testa con tono stridulo. E poi mi do dell’idiota con tono grave.
È sempre un po’ così: torni che hai già voglia di ripartire per Parigi.
Questa volta mi aspetta:
- Un giro alla fondazione Louis Vuitton. Ci sono due esposizioni imperdibili, Jean-Michel Basquiat e Egon Schiele (Vienna ad agosto non mi è bastata)
- Una passeggiata a Montmartre. La sera, la pioggia, la vigna, la compagnia giusta. Ma quando sono diventato così romantico?
- Una visita al Centre Pompidou. Vorrei scoprire i finalisti del Premio Marcel Duchamp e la poesia degli spazi di Tadao Ando. Merita già solo per la pubblicità.
- Una scampagnata al Canal Saint–Martin. La promenade lungo il canale è una passeggiata tra cafè, boulangerie e fromagerie. C’è altro da aggiungere?
- Un ingresso alla fondazione Cartier. C’è un’esposizione di cui non sono sicurissimo: “Southern Geometries” 250 opere di 70 artisti dall’epoca pre-colombiana alle geometrie moderne dal Messico alla Patagonia. Troppa roba vero?
Il menù è in tavola, il treno viaggia ai 300 km/orari e gli attori sono pronti, oggi come allora.
Quanto tempo è passato da quel viaggio. E quante città, quanti lavori, quante abitudini abbiamo cambiato. C’è chi stringe tra le mani la meravigliosa creatura alla quale ha dato la vita, chi gira la Francia per inseguire il lavoro che gli piace e chi, come me, si sente un genio per aver saputo tenere in vita una pianta per tre anni. Sono successi.
Manca solo un pain au chocolat per festeggiare.